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Roccia Ghiaccio Neve
Arrampicata, etica e sostenibilità ambientale

La prestazione sportiva è soltanto uno dei tanti aspetti che rientrano nell’attività della scalata. In particolare, in natura, qualsiasi tipo di attività dovrebbe innanzitutto basarsi sul rispetto dell’ambiente e delle altre persone.

Esistono eccessi, tipici di una mancanza di equilibrio psicofisico, sia tra alcuni protezionisti sia tra alcuni arrampicatori. Per un certo tipo di ambientalisti, qualsiasi attività dell’uomo, anche quelle più sostenibili e a basso impatto, sono potenzialmente dannose e andrebbero vietate. L’uomo è visto come un intruso che dovrebbe rimanere al “proprio posto”, in ambiti confinati e gestiti, dove può essere controllato e dove l’esperienza della natura “selvaggia” può avvenire con il dovuto distacco, per evitare qualsiasi disturbo, in particolare alla fauna. Secondo costoro, l’accesso alla natura dovrebbe essere esclusivo appannaggio di una nuova élite di ricercatori e ambientalisti, gli unici che “sanno” e hanno il diritto decidere per tutti cosa è giusto, necessario e cosa non lo è. Così, mentre da una parte studi e ricerche rivelano i danni dovuti alla “mancanza” di natura che affligge bambini e adulti nelle città, questi “ambientalisti”, invece di educare le persone al rispetto e insegnare loro come comportarsi in ambiente, fin dalla scuola, preferiscono vietare, dimenticando che anche l’uomo è parte della natura e ha bisogno, a un livello più o meno profondo, di un contatto vero e non mediato con essa. Anche senza arrivare a questi estremi, è un fatto che la maggior parte delle persone, se pure fa escursioni e “gite” in natura, in realtà non sa come muoversi su un sentiero non battuto, non sa orientarsi, ha “paura” di un bosco o di un pendio montuoso. E intanto aumentano lo stress e le nevrosi…

Proibire o severamente regolamentare attività come l’alpinismo, l’arrampicata o lo sci alpinismo, mentre niente si fa per impedire azioni ben più dannose, è l’ultima paradossale tendenza che si sta diffondendo nelle nostre aree protette. Certo, è un problema di numeri, ma non solo perché sono aumentati i praticanti (e quindi il supposto disturbo) di queste attività, il fatto è che siamo sempre troppo pochi, mentre gli interessi economici e numerici che muovono il resto del mondo sono ben maggiori…ahimè!

Ma è anche vero alcuni arrampicatori e alpinisti hanno atteggiamenti dannosi e deviati che spesso derivano da una visione mitomane di questa disciplina, generata da istruttori non qualificati che riducono l’arrampicata a una maniacale rincorsa al superamento delle difficoltà. In questi casi l’arrampicata diventa una sorta di incubo, come un girone dantesco teso a un irraggiungibile risultato fine a se stesso, in cui vengono messi da parte tutti gli elementi salienti dell’arrampicata, inclusi quelli ambientali.

Alcuni comportamenti tipici di questa degenerazione di valori, allo stesso tempo sportivi e culturali, sono purtroppo sempre più frequenti e identificabili:

  • urlare, in particolare quando si cade o quando si arriva in catena
  • segnare appigli o appoggi con strisce di magnesite o gesso
  • occupare una via per ore ed ore, come se si fosse padroni di quell’itinerario o della falesia
  • approfittarsi del lavoro di chiodatura degli altri, pubblicando guide o inserendo vie e falesie sulle proprie pagine web senza neanche chiedere e informare gli scopritori della falesia e i relativi chiodatori

Sono tutti atteggiamenti che derivano da una mancanza di educazione e di correttezza, ma anche da un senso di presunzione e di arroganza in cui le persone in questione pensano di essere al centro del mondo. Si potrebbe affermare che queste due categorie deviate, di protezionisti e di arrampicatori esaltati, esistono per bilanciarsi a vicenda, e se si potessero annullare reciprocamente ne avremmo tutti grandi benefici. E’ logico pensare che se le scuole e gli istruttori, ma anche le riviste del settore, fossero preparati al punto da trasmettere un approccio corretto all’arrampicata, basato anche su sani quanto normali principi di buona educazione, sarebbe molto più difficile “dare appigli” agli ambientalisti “talebani” che vorrebbero introdurre divieti ovunque.